Forse mai, come da alcuni anni a questa parte, il tema del matrimonio e della famiglia è oggetto di ricerca e di pubblico dibattito.
L’uomo d’oggi vuole costruire un ordine nuovo su misura dell’uomo. Non si ferma dinanzi a nessun problema, neanche dinanzi a quelli più delicati. Rimette in discussione, in forme talvolta radicali, i fondamenti stessi della società.
Molti affermano che ci troviamo nella condizione di dover compiere una «scelta di civiltà», che preceda ed orienti ogni ulteriore scelta particolare nella vita dell’uomo. È certo che, in tale scelta di fondo, è determinante la concezione del matrimonio e della famiglia. È infatti connessa con la concezione della natura, del fine e dei modi fondamentali dell’esistenza dell’uomo.
Poiché il bene della persona e della società umana è strettamente connesso con una felice condizione della comunità coniugale e familiare,1 la Chiesa, in forza della sua missione, non può far mancare, oggi come nel passato, su questioni tanto gravi, la luce dei principi cristiani e la sua azione pastorale. L’insegnamento dei Sommi Pontefici, principalmente negli ultimi tempi a partire da Leone XIII, e quello del Concilio Vaticano II, ne sono la conferma.
I Vescovi d’Italia, per l’importanza e l’attualità dei problemi, giudicano loro dovere riprendere su di essi il discorso, con specifico riferimento all’odierna situazione della Chiesa e della società italiana. Coscienti della missione ricevuta dal Signore quali successori degli apostoli,2 i Vescovi intendono esporre alcune linee della dottrina cristiana sul matrimonio e sulla famiglia.
Da tempo seguiamo con particolare attenzione le condizioni e i problemi coniugali e familiari nell’attuale società. Ci sono note le diverse interpretazioni e proposte che vengono formulate dalla cultura e dalle forze politiche e sociali del nostro tempo. Ci guida l’intento di cogliere tutti i valori che oggi, pur in mezzo ad innegabili errori, vengono emergendo, sicuri che la verità cristiana ne risulterà confermata e approfondita.
Le nostre considerazioni riguardano innanzi tutto il matrimonio e la famiglia cristiana, considerati sia in se stessi, sia nella Chiesa e nella società. Terremo tuttavia presenti anche il matrimonio e la famiglia nell’ordine naturale.3 L’economia della salvezza soprannaturale, infatti, non distrugge, ma perfeziona la natura.
Ci rivolgiamo a tutti i credenti in Cristo e a tutti gli uomini di buona volontà. Siamo certi della loro convinzione che il matrimonio e la famiglia, più d’ogni altro problema, meritano l’attenzione di quanti si preoccupano delle sorti dell’umanità e della pace. In modo particolare ci rivolgiamo ai giovani, invitandoli a riflettere sui valori della verità cristiana, mentre si sentono portatori di esigenze nuove e impegnati a costruire una società più degna dell’uomo.
Il matrimonio e la famiglia sono oggi investiti dal processo di trasformazione che è in atto nella società, anche in quella italiana, e che interessa ogni valore ed istituzione. Per rendersene conto, è opportuno confrontare la famiglia di ieri con quella di oggi. I termini del confronto sono discussi sul piano dottrinale e sperimentale con metodi propri da diverse scienze dell’uomo.
Ieri la maggioranza delle famiglie viveva in zone rurali; la famiglia era patriarcale, cioè basata sull’autorità del capo-famiglia; era estesa nei rapporti; numerosa nei figli; centro di produzione economica; stabile soprattutto per l’integrazione nel sistema sociale, con una certa tendenza a sottovalutate gli aspetti soggettivi, volontari e affettivi.
Oggi la maggioranza delle famiglie si sposta nelle zone urbane; la famiglia tende a basarsi sulla parità giuridica dei coniugi, pur nella differenza dei loro ruoli; è, come si usa dire, nucleare; è ridotta nel numero dei figli; è centro di consumo dei beni economici, ottenuti con il reddito di un lavoro compiuto fuori casa; è maggiormente fondata sulla libera scelta dei nubendi, con preminenza degli aspetti affettivi e volontari, nei quali, più che nel sistema sociale, cerca di radicare la propria stabilità.
Con una formula riassuntiva si è soliti dire che la trasformazione della famiglia dipende dal passaggio da una società prevalentemente agricola ad una società prevalentemente industriale ed urbana. Non possiamo, tuttavia, dimenticare che molteplici e non omogenee sono le situazioni in una società, come quella italiana, in cui sono presenti zone con diversi gradi di sviluppo industriale e con diverse caratteristiche culturali.
Ci sembra opportuno ricordare alcune cause e alcune conseguenze della trasformazione della famiglia. Consapevoli delle difficoltà che la stessa indagine scientifica incontra nella sistemazione dei numerosi elementi della situazione, ci limitiamo a ricordare alcuni aspetti che hanno un rilievo particolare dal punto di vista religioso e morale.
Il processo di crescita demografica, che si è determinato nel nostro secolo, ha avuto e continua ad avere un’influenza profonda sui problemi della famiglia. La diffusione del modello di famiglia con limitato numero di figli, l’acuirsi del problema della procreazione in ogni suo aspetto, la prevalenza delle preoccupazioni educative su quelle procreative, non si potrebbero spiegare senza tener conto dell’incremento demografico.
Il fenomeno dell’industrializzazione è un’altra causa fondamentale. Esso ha prodotto conseguenze sul piano economico, sociale e culturale, che interessano la famiglia, quali le tensioni all’interno del sistema produttivo, l’aumento dei consumi, l’urbanesimo, l’accentuata mobilità sociale, le migrazioni all’estero e quelle interne, la crescente presenza della donna nel lavoro extra-casalingo, l’aumento del tempo libero, una diversa coscienza del ritmo del tempo. La tradizionale funzione economica, educativa, protettiva, ricreativa della famiglia, per conseguenza, si è trasformata.
Di grande importanza per la famiglia sono l’affermazione del principio di democrazia; l’elevazione del livello medio di cultura, chiaramente espresso nell’aumento dell’indice di scolarizzazione; la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa; lo studio, intensificato e approfondito, di alcuni problemi di antropologia, soprattutto di quelli relativi alla sessualità umana.
Né si debbono considerare di poco conto gli aspetti psicologici dell’intero problema, come l’accresciuto senso di libertà; una più avvertita esigenza di identificazione e di difesa della propria personalità; le tensioni tra i coniugi a causa della trasformazione dei loro compiti, e tra i genitori e i figli per i differenti atteggiamenti interiori e le mutate sensibilità; le suggestioni di un diffuso edonismo; l’inquietudine dei giovani.
Merita un’attenzione particolare il fatto della nuova coscienza della dignità della donna.
Papa Giovanni XIII, riprendendo l’insegnamento di Pio XII, l’ha giudicata uno dei segni caratterizzanti il nostro tempo. «Nella donna infatti», scrisse nell’enciclica Pacem in terris, «diviene sempre più chiara e operante la coscienza della propria dignità. Sa di non poter permettere di essere considerata e trattata come strumento; esige di essere considerata come persona, tanto nell’ambito della vita domestica che in quello della vita pubblica».4
Sono indici di tale coscienza l’affermazione della pari dignità dell’uomo e della donna, identica essendo la natura;5 l’affermazione della loro parità giuridica, diversi rimanendo i ruoli; l’ingresso della donna nella vita pubblica e nel mondo del lavoro industriale; il riconoscimento di una più ampia sfera di libertà personale della donna nelle sue scelte; una crescente partecipazione di essa ai beni della cultura. La condizione della donna però non è ovunque la stessa. I problemi che essa determina nella famiglia sono numerosi. Oltre quello della parità giuridica dei coniugi, vengono in evidenza i problemi del rapporto tra lavoro domestico e lavoro extra-domestico, l’organizzazione della vita familiare e sociale, in particolare per ciò che riguarda l’educazione dei figli.
Il cristianesimo, fin dalle sue origini, ha affermato la dignità della donna e l’ha sempre difesa. Ricordiamo che l’emancipazione femminile esige una più solida formazione morale, al fine di evitare che la donna perda nella società quella libertà che intende rivendicare.
Si diffonde oggi l’idea che l’esercizio dell’attività sessuale dev’essere avulso da ogni norma morale. L’idea è errata. Anche per reazione ad un’idea altrettanto errata e durata a lungo, che tendeva a identificare il sesso con il male, si sta ora passando ad una concezione opposta, che non ammette nel campo sessuale alcuna legge, tranne forse una certa preoccupazione per la salute fisica e per il possibile abuso dei sentimenti altrui.
L’esercizio dell’attività sessuale, secondo tale concezione, non è legato ad un impegno d’amore e alla fecondità, non dev’essere e non è limitato al matrimonio. Si arriva a parlare di un uso del sesso in termini di mistica, di autentica libertà, di ricerca dell’io profondo. Si arriva perfino alla giustificazione di forme di vizio e di depravazione, che sono sempre state ritenute contrarie alla natura dell’uomo.
La Chiesa non ha mai insegnato che il sesso è male. Ha però sempre sostenuto che l’uso del sesso soggiace alla norma morale. La Chiesa, anche in questo campo, non ha mai accettato il determinismo. Pur conoscendo la debolezza umana, ritiene che l’uomo, con la volontà e l’aiuto della grazia, può dominare il sesso. In questo senso parla di «educazione alla castità».6
Riconosciamo che l’approfondimento della sessualità è un capitolo molto importante nella conoscenza dell’uomo. Non si può comprendere l’uomo e il suo comportamento se non si tiene conto del sesso. L’educazione integrale dell’uomo e la sua maturità esigono il rispetto dell’indole sessuale dell’uomo, che è del tutto superiore a quella degli animali.7
Dobbiamo però reagire subito con profonda amarezza e con operante decisione, soprattutto pensando ai giovani, contro le idee erronee che oggi si diffondono sul sesso. Vi siamo indotti dal nostro dovere di insegnare la morale cristiana, che comprende anche l’etica naturale. Vi siamo indotti dalla riflessione sulle condizioni di tanti che hanno accettato e seguito quelle idee, considerandone le inquietudini, le delusioni, l’aridità dei sentimenti, le desolazioni interiori, a stento nascoste sotto le forme di una vita sicura e libera.
Come sempre in tempi di trasformazione e di transizione, anche oggi per quanto riguarda il matrimonio e la famiglia si possono individuare elementi positivi ed elementi negativi. Mentre da un punto di vista teorico possediamo quasi tutti gli elementi per una sintesi, da un punto di vista operativo e pratico la sintesi è ancora largamente insufficiente: di qui le tensioni, le difficoltà, un diffuso senso di incertezza e di disagio. Non si può negare, proprio a causa di tale situazione, che i cristiani che vogliono vivere il loro matrimonio e sviluppare la loro famiglia in coerenza alla loro fede incontrano oggi difficoltà personali e d’ambiente talora gravissime.8
Crediamo però che alcuni valori vadano emergendo con chiarezza nell’attuale situazione, valori che debbono essere cordialmente accolti nella dottrina e nella vita: la concezione personalista dell’amore coniugale;9 l’idea del matrimonio e della famiglia come «comunità di vita e d’amore»;10 la dimensione educativa dell’esperienza coniugale e familiare. Tali valori sono stati accolti nell’insegnamento del Concilio Vaticano II.11 Essi debbono orientare la riflessione teologica, la spiritualità, l’azione pastorale e sociale.
L’amore coniugale, per sua intima esigenza e struttura, tende al dono totale, esclusivo e perenne di se stesso all’altro coniuge e si traduce nell’irrevocabile consenso personale col quale si stabilisce l’intima comunità di vita e di amore, propria del matrimonio.12 L’amore deve trovarsi all’origine del matrimonio, nella libera scelta dei nubendi che impegna la loro persona e il loro destino. Il matrimonio non è l’inganno della natura. o il frutto del caso, o il prodotto di inconsce forze naturali. Non ci si sposa soltanto per accasarsi, o per realizzate uno status sociale ed economico, o per legittimare di fronte alla società l’esercizio del sesso.
L’amore è e deve costituire la forza e il clima dell’intera vita coniugale. Tanto più si approfondisce, tanto più diventa amore oblativo, fedele e continuamente rinnovato. Il matrimonio, come ogni altro stato di vita, non dev’essere inteso come una realtà statica. Ogni giorno esso va rinnovato nella libera e responsabile effusione dell’amore. I coniugi, amandosi, non costituiscono una somma di individui, ma una comunione di esseri personali, nella quale l’uomo e la donna realizzano il libero e mutuo dono di se stessi, si educano vicendevolmente e crescono insieme in umanità.
Nella natura dell’amore esiste una tendenza all’incondizionato, che permette di intuire nel mistero dell’amore umano il mistero dell’amore divino. Dio è il principio di ogni amore, anche di quello coniugale.
Il matrimonio, ha scritto Paolo VI, è «una sapiente istituzione del Creatore per realizzare nell’umanità il suo disegno d’amore».13 L’amore coniugale, quale espressione della totalità della persona, è al tempo stesso sensibile e spirituale; si effonde nella tenerezza e nell’intima unione fisica, ma non è mera attrattiva erotica; è fedele ed esclusivo; impegna l’uomo e la donna nel loro essere profondo, quasi li costituisce ogni giorno, e in loro costruisce la società.14
La Chiesa crede e insegna che il matrimonio è un sacramento.15 Esso cioè eleva e fa partecipare i coniugi a un ordine di realtà e di valori, che è quello stesso dell’intima vita di Dio. Dio è amore.16 E l’amore coniugale, accolto e riconosciuto dalla Chiesa, alla quale il Signore ha affidato i sacramenti, diventa mezzo di unione a Dio e segno efficace dell’amore di Dio. Nella realtà sacramentale, i coniugi amandosi e amando i figli, amano Dio e testimoniano e diffondono l’amore di Dio per gli uomini.
L’amore coniugale, destinato nel matrimonio alla vera e perfetta attuazione, risulta così «segno» e «immagine» di un amore più alto, anzi dell’amore più alto, quello di Dio per gli uomini, che li chiama all’amore per Lui.
Già nell’insegnamento dell’Antico Testamento, il matrimonio è considerato un’alleanza stipulata con la testimonianza divina, un impegno giurato di fronte a Dio, che non può essere violato senza incorrere nelle sanzioni che garantiscono l’adempimento del patto.17 Il fatto dell’«alleanza», il «patto di amore e di fedeltà», il mistero di una «comunione» in cui Dio si dona agli uomini e gli uomini divengono familiari di Dio, costituiscono il contenuto centrale della rivelazione. Preannunciato nella storia di Israele, il «mistero» si è compiuto pienamente in Gesù Cristo.
In Cristo viene a noi rivelato che la fedeltà di Dio all’umanità è assoluta e indefettibile, perché il Figlio di Dio si è unito per sempre e inscindibilmente, nella natura umana da Lui assunta e per mezzo di essa, all’intera umanità. La «nuova umanità», realizzata nella Chiesa, nella perenne stabilità della sua appartenenza a Cristo, come di sposa allo Sposo, fa come un tutt’uno con Lui, e in Lui si apre e si unisce a Dio. La comunione di amore tra Dio e l’umanità raggiunge in Cristo il vertice. Di essa il matrimonio è un segno rivelatore ed efficace.
È compito di ogni cristiano essere segno dell’amore di Dio nel mondo e renderlo evidente agli uomini. È compito singolare dei coniugi cristiani essere tale «segno» vivendo con pienezza la loro vocazione. Unendosi in matrimonio nella comunità ecclesiale, i coniugi cristiani compiono un gesto che porta all’ultima perfezione l’amore umano in quanto «segno» dell’amore tra Dio e l’umanità. Il loro gesto è «segno efficace», perché contiene realmente quell’amore e realmente lo comunica agli sposi. È cioè un sacramento, il «grande mistero».18
Poiché non si può pensare che il vincolo che unisce Gesù Cristo all’intera umanità nella Chiesa possa essere sciolto, il matrimonio cristiano, che è segno e immagine di quel vincolo, rivela il carattere di definitività e di indissolubilità intrinseco in ogni matrimonio.
Per gli sposi cristiani è una missione grande e talora difficile; ma non debbono temere, perché Cristo rimane con loro. Come Cristo ha amato la Chiesa e si è dato per lei, così i coniugi cristiani possono in Cristo amarsi fedelmente, per sempre, con mutua dedizione.19
Modellata e ispirata all’amore di Gesù Cristo la vita coniugale appare una tipica espressione della vita cristiana, cioè una vita di imitazione di Gesù Cristo. In quanto tale, la vita coniugale risulta essere una strada di santificazione, sulla quale i doveri di ogni giorno, le gioie, le immancabili difficoltà e sofferenze, gli atti della vita religiosa, tutto insomma, confluisce per formare e far crescere il vero cristiano fino alla maturità spirituale «che attua la pienezza del Cristo».20
Una tale visione può sembrare una mera idealità, quasi, qualcuno potrebbe dire, un’utopia. Secondo l’insegnamento della Bibbia, anche per il matrimonio valgono i momenti costitutivi dell’intera esperienza umana: prima il piano meraviglioso di Dio; poi la deviazione e la deformazione del peccato; infine la salvezza nel mistero di Cristo.
Non siamo più sotto il dominio del peccato, anche se il peccato ostacola tuttora la nostra adesione a Dio. La forza redentiva del Cristo e l’azione salvifica della Chiesa aiutano i coniugi perché possano realizzare il misterioso disegno di Dio.
La grazia del matrimonio proviene dalla morte e dalla risurrezione di Cristo. È una grazia pasquale, la cui fonte perenne si trova nel sacrificio eucaristico. I coniugi cristiani vedono in questo sacrificio, per se stessi e per i figli, il sacramento di pietà, il segno di unità, il vincolo d’amore. «L’autentico amore coniugale», insegna il Concilio, «è assunto nell’amore divino ed è sostenuto ed arricchito dalla forza redentiva del Cristo e dall’azione salvifica della Chiesa, perché i coniugi, in maniera efficace, siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nello svolgimento della sublime azione di padre e di madre».21
Accettare Cristo significa accettare la Sua croce. L’esperienza umana testimonia che nel matrimonio le difficoltà non mancano, spesso gravi, talora angosciose.22 Nella vita moderna, le difficoltà per alcuni aspetti sono aggravate. Il logorio dei sentimenti può essere più rapido che nel passato; la comprensione e la reciproca accettazione possono costare di più. In queste condizioni i cristiani testimoniano la fede nella croce. Memori dell’esortazione dell’apostolo Paolo, cercheranno sempre la forza della carità: «Rivestitevi come eletti di Dio, santi e amati, di tenera compassione, di benevolenza, di umiltà, di mitezza, di pazienza. Sopportatevi e perdonatevi a vicenda, se l’uno ha da dolersi dell’altro. Come il Signore ci ha perdonati, così anche voi perdonate. Ma soprattutto rivestitevi di amore che è il vincolo della perfezione».23
L’amore coniugale è per sua natura unitivo e procreativo.24
I gravi problemi, che in proposito vengono sollevati, sono stati oggetto della lettera enciclica Humanae vitae di Paolo VI.
Cogliamo l’occasione per richiamare quanto detto nel documento del Consiglio di presidenza della C.E.I. il 10 settembre 1968.
Insistiamo nel sottolineare che i problemi della procreazione vanno studiati nella visione globale dell’uomo e nel rispetto della legge divina. Essi esigono un’opera educativa pastorale paziente, prolungata, che investa tutte le manifestazioni della persona. L’insegnamento del Concilio Vaticano II e del Santo Padre Paolo VI propone un insieme di valori, un orientamento generale della vita, in fondo una scelta di civiltà, che debbono essere lungamente meditati e intimamente assimilati. Essi debbono stimolare i cristiani ad un’impostazione più approfondita dei problemi del matrimonio e della famiglia.
Un ricordo particolare, fatto di elogio e di ammirazione, esprimiamo per quei coniugi che, fiduciosi in Dio e magnanimi verso la vita, con decisione prudente e di comune accordo, accettano una famiglia numerosa.25
Il matrimonio, per suo proprio contenuto e per l’insegnamento di Cristo, è indissolubile.26 Tale caratteristica è propria di ogni matrimonio, e non soltanto del matrimonio sacramento. Essa è radicata nella natura dell’amore e della comunità coniugale, è richiesta dall’educazione dei figli, è un fattore primario di stabilità della famiglia. La stessa società civile in Italia riconosce da molti secoli come matrimonio soltanto l’unione fra coniugi che sia nata da un irrevocabile consenso personale.
Sull’indissolubilità del matrimonio si è oggi accesa in Italia una vivace discussione. Conosciamo le opinioni e i motivi di coloro che vogliono introdurre anche nel nostro ordinamento giuridico il divorzio. Siamo profondamente convinti che l’indissolubilità del matrimonio è connaturale all’ordine che meglio garantisce ai coniugi e alla famiglia il raggiungimento dell’interiore pienezza e l’espletamento della loro funzione sociale, soprattutto di quella educativa. La perennità dell’unione è un valore riconosciuto dalla coscienza profonda dell’umanità, anche nei paesi a regime divorzista. L’esperienza di quegli stessi paesi insegna però che la suggestione del divorzio offusca e corrode il valore della perennità dell’unione coniugale, indebolisce l’impegno di molti sposi e non aiuta i giovani a prepararsi seriamente ad un’autentica donazione personale.
L’indissolubilità è un profondo valore etico; ma non si tratta di un vincolo che si consuma soltanto nell’intimo rapporto fra i coniugi. È un valore che può e dev’essere tradotto anche in un ordinamento giuridico, dal momento che la scelta per un regime o per l’altro di matrimonio riguarda non soltanto la felicità dei singoli, ma la crescita spirituale e civile della famiglia e dell’intera comunità, e dunque il bene comune. Lo Stato deve riconoscere e favorire ciò che la coscienza dei cittadini ritiene essenziale alla natura del matrimonio.
Nella concreta situazione italiana riteniamo che la famiglia abbia conservato una fondamentale sanità e che la coscienza popolare sia in maggioranza contraria ad un istituto che, mentre dovrebbe risolvere alcuni problemi, tutti li aggraverebbe. Lo dimostra l’esperienza dei paesi divorzisti, della quale è doveroso tenere conto.
Pur consapevoli di certi drammi umani che il regime dell’indissolubilità comporta, riteniamo che più numerosi e gravi sarebbero i mali e i drammi causati dal divorzio. La via per rispondere ai problemi della famiglia passa attraverso un’adeguata politica familiare, la riforma del diritto di famiglia e il rinnovamento del costume familiare e sociale. Tutti i cittadini, in modo particolare i cristiani, sono impegnati a dare il proprio contributo.27
Siamo convinti che l’elevata e nobile tradizione giuridica del nostro Paese saprà elaborare opportune norme, ad esempio, per una più adeguata profilassi sociale del matrimonio, per un eventuale approfondimento dei motivi di nullità radicale del matrimonio, per la tutela dei figli illegittimi, per il riconoscimento giuridico di alcuni interessi morali e patrimoniali, nascenti dalle unioni di f.atto senza pregiudicare la tutela, prioritaria e prevalente, della famiglia legittima.
Nel rispetto delle regole che sono proprie di un regime democratico, i cristiani si sentano impegnati a diffondere le loro convinzioni e a cercare, con i mezzi consentiti dalla legge, di attuarle. È infatti una scelta da risolvere nel rispetto, effettivo e sicuro, della volontà dei cittadini italiani, nel quadro delle garanzie offerte dalla Costituzione repubblicana.
Fondata sul matrimonio, nasce la famiglia. Anch’essa è una comunità d’amore e di vita, che ha ricevuto da Dio la missione di essere la prima e vitale cellula della società, nella quale nascono i nuovi cittadini della società umana.28
Nella famiglia «le diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa ed a comporre convenientemente i diritti della persona con le altre esigenze della vita sociale».29
La famiglia cristiana, nata dal sacramento, è poi «immagine e partecipazione del patto d’amore di Cristo e della Chiesa».30 Essa è definita dal Concilio «Chiesa domestica»31 e com tale dev’essere segno nel mondo della presenza del Salvatore. «La famiglia cristiana proclama ad alta voce e le virtù presenti del Regno di Dio e la speranza della vita beata. Così, col suo esempio e con la sua testimonianza, accusa il mondo di peccato e illumina quelli che cercano la verità».32
La famiglia, alimentata dall’amore, è la prima, insostituibile comunità educativa. L’uomo e la donna, i genitori e i figli, quotidianamente costruiscono in essa se stessi fino alla pienezza della maturità umana e cristiana. Nell’amore ogni persona si apre all’altra, superando l’egoismo, rispettando e valorizzando la dignità e le qualità dell’altra persona, offrendo e accogliendo con intelligenza e generosità il contributo per il reciproco perfezionamento.33
Nessuno, in modo particolare nei primi anni, dovrebbe essere privo di una famiglia. I cristiani che generosamente adottano come figli i bambini abbandonati o rimasti soli compiono un’opera sociale e d’apostolato altamente meritoria.34
La prima forma d’educazione familiare è quella che i coniugi esercitano fra loro. Gli sposi trovano nel loro amore lo stimolo per un aiuto reciproco a migliorare e a perfezionare se stessi, non in un livellamento delle personalità, ma nella maggiore espansione di esse. Il vicendevole aiuto alla propria perfezione, costituisce il migliore fondamento dell’azione educativa dei genitori verso i figli.35
Le scienze umane, soprattutto La psicologia e la pedagogia, hanno dimostrato l’importanza della prima infanzia nella costruzione della personalità e il primato della famiglia sugli altri istituti educativi. È osservazione comune che i rapporti fra i genitori e i figli, soprattutto con gli adolescenti e i giovani, sono oggi più difficili che nel passato, e causa di tensioni dolorose per tutti. È una conseguenza dell’accelerazione del ritmo di sviluppo storico, delle diverse sensibilità e gerarchie di valori, della generale crisi dell’autorità e dell’obbedienza, di una ricerca d’autonomia che non sempre è autentica libertà umana e cristiana.
Non esistono rimedi pronti ed universalmente efficaci. Mai come oggi i genitori devono procedere nella loro opera educativa con pazienza e fiducia. Mai come oggi debbono essere preoccupati dell’esempio che offrono ai figli, in modo particolare nella vita morale e religiosa. Mai come oggi debbono invocare la grazia del Signore con la preghiera. Vanno raccomandate quelle iniziative che possono aiutare i genitori a compiere il loro dovere di educatori. Ci permettiamo ricordare ai genitori alcuni problemi di notevole importanza:
Nella famiglia l’educazione avviene anche da parte dei figli verso i genitori. Crescendo insieme, nel dialogo con i figli, i genitori sono stimolati a ripensare gli orientamenti di fondo della vita, a valutare gli ideali di cui i giovani si fanno portatori, a rinnovare la coerenza della propria esistenza.
Infine nella famiglia i figli si educano vicendevolmente, com’è provato dall’esperienza delle famiglie numerose. È la prima forma di coeducazione, che può influire in modo efficace sull’equilibrato ed integrale sviluppo della personalità dei giovani.
La famiglia dev’essere cordialmente aperta al dialogo con il mondo. Le giovani generazioni debbono in essa potersi formare ad un impegno autenticamente umano e cattolico. La famiglia deve cioè concorrere al superamento di ogni forma di egoismo e di ogni pregiudizio di classe, di razza e di religione. L’ideale della Chiesa missionaria può offrire alla famiglia cristiana un valido aiuto pedagogico.
È necessario che la famiglia sappia promuovere un’autentica educazione sociale, allontanando la tentazione di realizzare, chiudendosi in se stessa, la propria perfezione e di cercare un rapporto con gli altri soltanto in funzione della propria utilità. Nell’ambito stesso della vita di famiglia i giovani dovranno essere educati all’incontro e al colloquio con gli altri, partendo dalle più piccole comunità di caseggiato, o di quartiere, o di scuola, sino alla più vasta comunità amministrativa e politica. Importanza fondamentale assume l’educazione alla pace,38 che la famiglia tanto contribuirà a portare nel mondo quanto l’avrà realizzata in se stessa.
Il dialogo con il mondo, in modo particolare nel nostro tempo, esige un’educazione allo spirito di povertà. Questa consiste nell’insegnare ai giovani, con la parola e con l’esempio, che il denaro è soltanto un mezzo: che alcuni valori non hanno prezzo; che bisogna sentire come proprio il dramma della povertà e dell’ingiustizia vissuto da tanta parte dell’umanità; che le ragioni della vita sono superiori alla vita stessa; che è dovere saper rinunciare a qualcosa di proprio per aiutare chi è nel bisogno.
Il matrimonio, che nasce dalla libera scelta di un uomo e di una donna d’appartenersi in maniera completa, esclusiva e definitiva, per esistere legittimamente quale «Chiesa domestica» e cellula della società, dev’essere accolto e verificato dalla comunità ecclesiale e da quella politica. La Chiesa ha sempre voluto, per sancire il matrimonio, una forma esterna, e persino giuridica, nella quale in qualche modo si esprimesse la presenza della comunità.
È però necessario che i rapporti con la comunità ecclesiale e con quella politica, nelle diverse e molteplici attuazioni, siano ben più costanti e intensi per ogni famiglia che si prepara, nasce e procede nel cammino. Ogni vocazione, del resto, diventa evidente per mezzo della comunità, per poi crescere, con il suo aiuto, anche al servizio di essa.
Nella Chiesa il rinnovamento della pastorale della famiglia diventa sempre più necessario. Ad esso tutto il popolo di Dio è chiamato a dare il contributo.
Di tale pastorale sottolineiamo alcune idee di fondo, allo scopo di stimolare le energie, di coordinare gli sforzi, di rendere l’azione più efficace.
Di fondamentale importanza è oggi la preparazione alla famiglia. Mentre si pongono attente e doverose cure da parte della famiglia e della parrocchia nella preparazione dei bambini e degli adolescenti alla vita cristiana, alla vita affettiva e ai riti dell’iniziazione cristiana, non minori, anzi speciali cure pastorali debbono essere dedicate ai giovani fidanzati. Si può pensare a realizzare per loro una forma di catecumenato, per mezzo del quale le grandezze e i valori, ma anche gli impegni e gli obblighi della vita cristiana e del nuovo stato di vita, possano essere posti in luce adeguata.
Nella struttura del matrimonio realtà naturale e realtà sacramentale si compenetrano. I pastori d’anime debbono ricercare, per l’assolvimento di questo loro fondamentale dovere pastorale, la cordiale collaborazione di quanti, religiosi e laici, educatori e medici, possono con la loro competenza dare un apporto alla preparazione dei giovani alla famiglia.
Particolare rilievo dovrà avere l’impegno degli stessi coniugi cristiani. Ad essi spetta mettere a frutto, a favore dell’intera comunità cristiana, l’esperienza e i carismi che il Signore ha loro elargiti. Curino dunque in modo particolare – con la parola, con il consiglio, con la testimonianza di una vita cristiana – la preparazione al matrimonio dei figli e dei più giovani fratelli in Cristo, per inserirli sempre più consapevolmente nella comunità cristiana.43 Anche per questa via i coniugi cristiani realizzeranno un aspetto fondamentale della loro vocazione.
Collaborino inoltre alla promozione, allo sviluppo, alla vita di consultori familiari, per un più consapevole orientamento e una più seria preparazione dei giovani al matrimonio. I consultori, inoltre, possono offrire una valida assistenza alle famiglie, specialmente nei momenti di crisi o di difficoltà, dando indicazioni per la soluzione dei problemi specifici della vita matrimoniale.
Il fidanzamento è un tempo particolare di grazia. L’uomo e la donna si conoscono e insieme si preparano al matrimonio. La grazia che Dio- elargisce-ai fidanzati li sorregge e li guida verso l’ideale di un amore che sappia fondere in armonica intesa gli aspetti sensibili e quelli spirituali.
Ogni atto che viola la legge morale è, al tempo stesso, un atto che va contro il vero amore.
Ogni gesto, anche lecito, che non provenga dalla volontà di donarsi e di appartenersi spiritualmente, rappresenta una menzogna, e alla fine un cedimento all’egoismo. Anche per questa ragione, i fidanzati possono comprendere la grande legge divina che riserva il dono definitivo e completo di se stessi all’impegno di amore perenne nel matrimonio. Solo il matrimonio sancisce in maniera irreversibile e definitiva la decisione di due persone di appartenersi come coniugi.
La morale cattolica non approva i rapporti intimi prematrimoniali.
In questa luce, si può comprendere il significato morale e pedagogico della castità. La castità non fa che mettere la sessualità a servizio dei valori cui deve tendere. Particolarmente mira a fare della sessualità il mezzo di un amore umano autentico, quale poi si manifesta compiutamente, secondo distinte modalità, nella vocazione matrimoniale o verginale. L’amore non è affatto un dato naturale spontaneo. È una forza che in germe è gracilissima, e che a mano a mano occorre promuovere, difendendola dai continui pericoli ai quali è esposta. Il rischio dell’erotismo è tra i più gravi. Non di rado la stessa convivenza coniugale si riduce ad un pessimo egoismo. Al contrario, l’esperienza della castità, permeando gradualmente e profondamente l’istinto, costituisce la più dinamica educazione all’amore, un’affermazione di libertà autentica.
Non soltanto realizzandosi come comunità d’amore e di vita la famiglia cristiana prenderà il proprio posto nella Chiesa, ma anche contribuendo alla crescita spirituale e morale di tutto il popolo di Dio. Come abbiamo detto, fondamentale rilievo ha l’assolvimento da parte della famiglia della sua funzione educativa, da svolgersi nel pieno rispetto delle vocazioni di ciascuno dei suoi componenti. Fra le vocazioni un posto nobilissimo spetta certamente a quella sacerdotale e religiosa, che i coniugi cristiani sono chiamati non solo a rispettate, ma a favorire e a promuovere.
Se è vero che la famiglia cristiana si costituisce come tale nella comunità ecclesiale, è ugualmente vero che questa non potrebbe continuare nel tempo senza l’apporto della famiglia cristiana. È in essa che debbono sorgere e fiorire le vocazioni religiose, di cui la Chiesa ha bisogno per la cura pastorale del popolo di Dio e per l’azione salvifica nel tempo.
Una particolare, delicata forma di apostolato i coniugi cristiani la possono esercitate nei confronti dei sacerdoti. Con la loro rispettosa e cordiale amicizia potranno essere di grande aiuto ai sacri ministri, soprattutto perché evitino con magnanima generosità quanto può compromettere l’integrità della loro vocazione e la vivano generosamente in pienezza di donazione a Dio e alle anime.44
Un’azione pastorale per la famiglia esige oggi che riguardi «tutti i campi dell’attività umana, economica, culturale e sociale: solo infatti un miglioramento simultaneo in questi vari settori permetterà di rendere non solo tollerabile, ma più facile e gioconda la vita dei genitori e dei figli in seno alle famiglie».45 Già il Concilio si rallegrò per gli sforzi che vengono compiuti per assicurare ai coniugi e ai genitori tutti i possibili sussidi, affinché la famiglia sia veramente una «scuola di umanità più ricca e più completa». Il Concilio ha invitato i cristiani a dare a tale scopo il loro contributo di intelligenza, di volontà e di opere.46
I sentimenti e le esortazioni del Concilio continuano ad essere i nostri, mentre ci rivolgiamo in modo particolare ai laici la cui opera per il matrimonio e la famiglia «acquista una singolare importanza sia per la Chiesa sia per la società civile».47
In particolare, nella società civile, i cristiani devono contribuire lealmente a determinare e ad attuare le trasformazioni necessarie per il rinnovamento della società.
I dati della situazione, che sono stati ricordati all’inizio, devono essere accolti e sviluppati, se positivi, risanati e rafforzati se imperfetti, rifiutati e contestati se contrari ai valori autentici della persona.
Tutti i cittadini, con la necessaria preparazione, si sentano responsabilmente impegnati a costruire progressivamente una società a misura dell’uomo, di ogni uomo e di tutte le sue esigenze. Una società, quindi, che rispetti e valorizzi la comunità familiare.
Ogni aspetto e settore della vita pubblica, dall’ordinamento giuridico al lavoro, dalla scuola ai servizi sociali, dal tempo libero e dagli strumenti di comunicazione sociale alla pubblica amministrazione, debbono essere orientati a considerare la famiglia come comunità e come termine ultimo di ogni preoccupazione.
Ciò si realizzerà più efficacemente se le famiglie acquisteranno, esse stesse, una coscienza civile; se collaboreranno a preparare gli strumenti che consentano una loro effettiva rappresentatività negli organi di decisione, propri di quei settori dell’organizzazione sociale, che, per loro natura, maggiormente possono incidere nella vita della famiglia. Pensiamo in modo particolare alla scuola e a tutti gli enti che hanno scopi educativi, ai servizi sociali e sanitari, all’assetto urbanistico ed edilizio, alla politica economica e, segnatamente, fiscale e previdenziale.
Per quanto riguarda la vita economico-sociale è doveroso richiamare l’attenzione sul problema dello sviluppo delle attività produttive e dell’occupazione e sulla necessità di localizzare gli insediamenti industriali in maniera da evitare i disagi e i drammi delle migrazioni.
All’interno del sistema produttivo ci si preoccupi maggiormente di tendere a forme di partecipazione che aiutino le diverse componenti della comunità aziendale ad assumere atteggiamenti di maggiore responsabilità. Ne risulteranno, così, effetti positivi sia sull’apparato produttivo sia sulla vita sociale e familiare.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro, crediamo doveroso richiamare le famiglie alla gelosa salvaguardia della priorità delle scelte vocazionali sopra ogni altro criterio che possa guidare nella scelta del proprio lavoro. Se è vero che persona e società si arricchiscono vicendevolmente nel loro incontro, è però vero che si tratterebbe di illusorio arricchimento della persona, se, per le modalità dell’incontro stesso, ne soffrisse la famiglia di cui la persona è parte viva.
Se ciò è vero per tutti, tanto più lo è per la donna, la cui attività extra-familiare, quando esiste, dev’essere determinata da una libera scelta, che l’organizzazione sociale realmente le renda possibile, e dev’essere esercitata in modo tale da salvare la sua funzione familiare.
Spetta dunque alla famiglia acquisire come tale un ruolo nella società civile. È però dovere dello Stato offrire alle famiglie, nel rispetto del loro naturale, originario e proprio ordinamento giuridico, una politica familiare che le aiuti a raggiungere i fini per i quali liberamente si sono costituite.
Anche in Italia, il popolo di Dio è oggi chiamato, ad ogni livello di responsabilità e di competenza, ad un impegno particolare ed urgente circa i problemi del matrimonio e della famiglia. Un impegno in primo luogo di studio, pr divenire sempre più coscienti della trasformazione in atto, dei problemi che essa pone e delle possibili soluzioni; per approfondire teologicamente i valori del matrimonio; per precisare gli orientamenti, le forme e i metodi di una catechesi e di una pastorale che siano efficaci. Un impegno che, al tempo stesso, si esprima in un’azione coerente, decisa e costruttiva, all’interno della Chiesa e della società civile, affinché nel costume, nella legislazione e nella vita economico-sociale i diritti della famiglia siano sanciti e difesi, le esigenze siano rispettate e soddisfatte, i valori siano promossi e diffusi.
È un impegno che non è dei soli cattolici, tanto è decisiva la scelta di fondo che un popolo compie circa il matrimonio e la famiglia. Ma i cattolici debbono sentirsi impegnati anche per motivi specifici, che hanno radice nelle verità più profonde della visione cristiana della vita. Colui che ci ha chiamato, come insegna l’apostolo Paolo, è fedele,48 ed è sempre presente nel portare a compimento la crescita cristiana degli uomini. Dio continuamente rinnova la Sua grazia. In questa i coniugi, le famiglie, tutti i figli di Dio debbono trovare luce, ispirazione e forza per testimoniare a tutti gli uomini, nel cammino verso l’eternità, che Dio ci ama e che ci chiama all’amore per Lui.
Antonio Card. Poma
Arcivescovo di Bologna
Presidente della C.E.I.
Roma, 15 novembre 1969.
Secondo quanto deliberato dall’Assemblea Generale della C.E.I., fa parte integrante del documento la Dichiarazione circa il divorzio
1 Cfr. Gaudium et spes, n. 47.
2 Cfr. Lumen gentium, n. 24.
3 Cfr. Gaudium et spes, n. 47.
7 Cfr. Gaudium et spes, n. 51.
8 Cfr. Gaudium et spes, n. 47.
11 Cfr. Gaudium et spes, nn. 47-52; Lumen gentium, nn. 11, 35, 41; Apostolicam actuositatem, n. 11, Gravissimum educationis, n. 3; Dignitatis humanae, n. 5.
14 Cfr. Sir 26,1-4.
18 Cfr. Ef 5,25-32.
19 Cfr. Gaudium et spes, nn. 48, 49.
21 Cfr. Gaudium et spes, n. 48.
22 Cfr. Mt 19,10-11.
25 Cfr. Gaudium et spes, n. 50.
27 Cfr. Gaudium et spes, n. 52.
37 Cfr. Gravissimum educationis, nn. 3, 6; Apostolicam actuositatem, n. 11; Dignitatis humanae, n. 5; Lumen gentium, n. 11.
39 Cfr. Humanae vitae, n. 26.
40 Cfr. Gaudium et spes, n. 52.
41 Cfr. Lumen gentium, n. 42.
43 Cfr. Gaudium et spes, nn. 49, 52.
44 Cfr. Paolo VI Sacerdotalis coelibatus, n 97.
46 Cfr. Gaudium et spes, n. 47, 52.
48 Cfr. 1Tess 5,24.